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vae victis! 131


«Non ho fatto conversazione. L’ho incontrata in giardino, l’ho fermata e le ho chiesto: «Come vi chiamate?» E lei mi ha risposto «Chérie.» Ecco tutto.»

«Un nome curioso,» osservò il babbo.

«Caro Anselmo; la questione non è lì —»

Ma Anselmo non seppe mai la questione dove fosse, perchè il sonoro appello del gong li mandò tutti nelle loro camere a vestirsi per il pranzo.

Quella sera, dopo il pranzo, Eva andò come di consueto nel salotto attiguo e aprì il pianoforte; suo padre, in poltrona in sala da pranzo colle doppie porte aperte, la vedeva e ne udiva la musica mentre gustava tranquillamente il suo bicchiere di Porto e la sua pipa.

«Che cosa ti suono stasera, papà? — Rachmaninoff?»

«No. Quello che hai suonato ieri,» disse il signor Whitaker accomodandosi meglio nella poltrona, mentre il domestico sparecchiava silenziosamente la tavola.

«Ma è precisamente Rachmaninoff, angelo di un papà,» rise Eva aprendo il magnifico Erard.

Giorgio le si avvicinò e si chinò a dirle qualche cosa sottovoce.

«Sì! sì!» esclamò Eva. «Dillo alla mamma.»