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trovarono la sala di ricevimento piena di gente. Tutta Pinner e Hatch End e Harrow si dava convegno ai thè di Park House.

Le due sorelle entrarono, un po’ timide; Lady Mulholland, molto circondata e prodigandosi a tutti, le accolse con distratta gentilezza.

Kitty, gaia e affettuosissima, offrì loro con premura il thè.

C’erano anche le Davidson. («Che pessimo gusto hanno nel vestire,»

osservò Miss Jane a Miss Julia; «nessuno porta il raso per l’afternoon tea!») Madre e figlia Davidson formavano il centro di un gruppo di persone, e, rosse in viso, stavano narrando la serie di guai avuti con la loro profuga contessa belga.

«Anzitutto non era affatto contessa,» diceva Dolly Davidson, con broncio puerile.

«E poi non era nemmeno belga,» soggiunse la povera signora Davidson, scotendo il capo piumato. «Mi stupisco che la Lega per il Suffragio Femminile ce l’abbia mandata. Figuratevi che ci confessò, partendo, d’essere una artista di varietà, nata a Linz! E non sapeva parlare che il tedesco e lo czeco. Dire che noi abbiamo sempre creduto che parlasse fiammingo!»

Le ascoltatrici dissimularono appena sotto un’apparenza di lieve commiserazione i loro sor-