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Alberto salì i quattro scalini ed entrò nella casa.

Adriano lo precedette camminando spedito e sicuro in quell’ambiente a lui noto. Traversarono la vasta anticamera buia e fredda; indi il giovane cieco aprì la porta di un salone, vasto anch’esso e buio e desolato.

— Non vorrei disturbare... — mormorò Alberto, esitando sul limitare.

— Entri, entri! — fece l’altro con una lieve nota d’impazienza; e Alberto obbedì.

Il cieco chiuse la porta, e Alberto si guardò intorno. La grande stanza, invasa dal crepuscolo e drappeggiata alle due finestre da ampie tende, era quasi buia. Già, pensò con mestizia Alberto, di questo il suo giovane ospite non si accorgeva!

Con una stretta di pietà al cuore Alberto obbedendo a un breve — S’accomodi! — depose sul divano cappello e soprabito. Indi sedette in una poltroncina accanto al caminetto spento.

Adriano Scotti prese posto in faccia a lui vicino al tavolo, e sedette appoggiando il gomito e velandosi la fronte colla mano.

Dopo un breve silenzio parlò:

— Che cosa le ha detto ieri Rosàlia? — domandò a bassa voce.

— Che sarebbe venuta qui stamane.