Pagina:Vivanti - Sorella di Messalina.djvu/147

...sorella di messalina 143


mente e disperata non potevo abbastanza gridargli il mio rapimento, la mia adorazione! Sarei morta per lui mille volte, morta di mille morti dolorose s’egli l’avesse voluto, morta, con lui o per lui! Non si può, non si può essere più pazzamente grata, più beata e straziata insieme di ciò ch’io ero allora!... Ma lui non mi credeva. Mi dilaniava coi suoi sospetti. Non mi vedeva! Era questa la cosa atroce: non mi vedeva! Non poteva leggere nel mio povero volto disfatto il disperato amore che sentivo per lui. «Che cosa pensi?» prorompeva ad ogni istante. Dieci, cento, mille volte al giorno mi lanciava come una pugnalata quella domanda: «Che cosa pensi?». E qualsiasi cosa io rispondessi lo metteva in furore. Di giorno, di notte, mi aggrediva, aspro rapido repentino: «Cosa pensi?». Mentre gli parlavo m’interrompeva, fremente e maniaco: «Cosa pensi?». E se tacevo m’afferrava il braccio con quel grido rauco, terribile, pazzesco: «Cosa pensi?» — «Non penso nulla!» piangevo io. — «Sì! sì!... Tu pensi che sono uno sventurato! Tu pensi a fuggire! tu pensi ad altri...». Ed io che non le pensavo queste cose, quand’egli me le diceva dovevo pensarle!... Oh, Alberto! Alberto, mio adorato! Cerca di compren-