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380 annie vivanti


pur sempre ne rimaneva commossa. Stese la mano e la posò sul braccio della sconosciuta, a cui la musica della sua bambina angosciava il cuore.

La donna vestita di nero, senza voltarsi, le prese la mano; e stettero così vicine, queste due ignote, legate dalla musica come due sorelle.

L’ultimo pezzo finiva, e da ogni angolo della sala scoppiavano le acclamazioni, le ben note grida di delirio e d’entusiasmo. Nancy si alzò rapida per tornare dietro le quinte da Anne-Marie. La sconosciuta si volse e rialzò il velo.

— Il mio nome è Villari, — disse.

Nancy ricordava il nome. Tutto ciò che Aldo le aveva detto di questa donna, tutto ciò che Nino le aveva taciuto, si riversò come un’onda nella sua memoria. Ella fissò lo sguardo con curiosità in quel viso smunto, sotto l’elmetto di capelli rosso-scuri — povero viso stanco su cui le rughe mettevano mille piccoli solchi tristi.

— Conosco bene il vostro nome, — disse Nancy, sporgendo la mano. — Saluto la grande artista.

La donna sospirò profondamente.

— Saluto la madre fortunata.

Poi calò il velo sul viso.

Nancy s’affrettò per gli affollati corridoi, dove la gente a gruppi discorreva e discuteva della sua bambina; e le parole: «Meravigliosa! Fenomenale! Incredibile!» batterono colla consueta ala soave al suo orecchio.

«Madre fortunata!» Oh, sì, sì! essa era una madre fortunata! Se lo disse mille e mille volte; lo ripetè piano mentre ravvolgeva una morbida sciarpa bianca intorno al capo biondo della sua figlioletta; e ancora, mentre passava con lei attraverso gli evviva della folla, fra le mille mani tese e i cappelli sventolanti. E se lo ripetè, seduta nell’automobile che le portava via, aperta alla dolce notte