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i divoratori 319


Ed ecco che la porta si aprì bruscamente e il Genio entrò. Era un fiero uomo, colla testa grigia e leonina e gli occhi impazienti. E Nancy, vedendolo, comprese che si potesse volentieri traversare la vita in punta di piedi per non disturbarlo. Comprese che si abbassasse la voce e si frenasse il gesto davanti a lui. Comprese che egli aveva il diritto di divorare.

Egli teneva tra le mani il piccolo libro di Liriche. Poi parlò in accenti brevi e staccati. Disse:

— Tre sole donne furono poeti: Saffo; Desbordes Valmore; Elisabetta Browning. Ed ora — voi... Andate; e lavorate.

Pronunciò poche altre parole; e tutte colla voce austera e gli occhi foschi sotto le ciglia aggrottate. Ma Nancy gli aveva detto addio, tremante e abbagliata di felicità.

Le Divorate le avevano silenziosamente aperta la porta, ed ella già scendeva, vacillante e col cuore inondato d’emozione, la scala — quando udì un greve passo sopra a lei; si fermò e si guardò indietro.

Egli era uscito sul pianerottolo e la seguiva cogli occhi saettanti sotto la fiera fronte. Essa si fermò e il cuore le batteva forte.

— Addio, — disse il Poeta. — Aspetto e confido.

Ella aveva mormorato:

— Grazie.

E poi era scesa rapida, colla vista turbata da subite lagrime, e non s’era più voltata indietro. Ma sapeva che egli era rimasto lassù, fermo, a guardarla.

«Aspetto e confido». Le tre parole l’avevano scossa e ridestata. Suonavano come una fanfara nel suo cuore.

Ahimè! egli aveva aspettato e confidato invano.

Ella non aveva mai scritto un altro libro.

Ed ora i severi occhi non leggerebbero più nulla. E il grande cuore non aspettava più.