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i divoratori 209


— Ah, vedo. Lo dirò a mia madre... cioè, a mio marito.

In questo punto entrò Mrs Doyle. Sua figlia la trasse presso alla finestra e le parlò a bassa voce. Mrs Doyle rise e disse:

— Tanto meglio! Proprio non sapevo come si sarebbe cominciato.

E volse verso Aldo uno sguardo di approvazione.

Egli, rigido e segretariale, le si inchinò.

— Avete fatto bene a seguire... l’imbeccata, cioè il cenno... insomma... le mute indicazioni della signora Van Osten, e a conformarvi ad esse. Fate sempre così. Ciò è importante. Ed ora, riguardo al signor Van Osten, ricordatevi di non parlargli mai del vostro lavoro. Mai! Egli non vuole. A meno che ve ne parlasse lui, voi non farete mai neppure la più lontana allusione a ciò che fate. È inteso?

— È inteso, — disse Aldo, docile ma stupito.

— Soltanto così, — disse solennemente il volatile occidentale, — riescirete a convincerlo della vostra assoluta discrezione.

— Capisco, — disse Aldo, solenne anche lui.

La piccola signora Van Osten parve commossa: si coprì gli occhi col fazzoletto... Rideva?...

— Ed ora, — disse Mrs Doyle con uno sguardo alla pendola, — restate ad aspettarlo.

Aldo restò. E tentò di tener viva la conversazione con qualche flaccida e innocua generalizzazione. Ma nessuno gli rispose. Mrs Doyle guardava nervosamente l’ora. E sua figlia sbadigliava.

Una forte scampanellata li scosse. Si udirono immediatamente i passi affrettati del domestico, che andava ad aprire la porta al suo padrone.

Aldo si levò in piedi. Allora sentì sulla sua manica un tocco fermo e leggiero: era la piccola mano ingemmata