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lo vedevano, e che il cielo sfolgorante serviva di sfondo al suo profilo.

Clarissa chiacchierava, rideva, cinguettava; ma Aldo taceva; ed era il suo silenzio che rapiva Nancy.

Ed io che intesi ciò che non dicevi
M’innamorai di te perchè tacevi.

La semplice dolcezza di quei due versi dello Stecchetti le cantavano con senso nuovo nella mente, e in tutti quei giorni le tornarono sempre al pensiero.

Aldo sapeva poche cose, ma sapeva il valore del silenzio. Conosceva l’attiranza, la malìa dell’«hortus conclusus», del Giardino Chiuso in cui non si è penetrati ancora. Nancy, trepida innanzi al cancello, ne sognava le non vedute rose, le fontane di luce, e i viali d’ombra e i laghi di mistero. L’anima di Aldo era per lei un giardino chiuso.

Aldo conosceva anche il valore dei suoi occhi, grandi occhi tenebrosi le cui palpebre, diceva Clarissa, parevano annerite col turacciolo bruciato. Quando egli li alzava all’improvviso e guardava fisso Nancy, essa sentiva un tuffo nel sangue che le toglieva il respiro. A poco a poco, giorno per giorno, quegli occhi attirarono verso le loro profondità lo spirito di Nancy; la sua anima interrogante, china sovr’essi come sopra un abisso, si perse, si sommerse...

E così, guardando negli occhi di lui, Nancy credeva di leggervi la bontà, l’ingegno, la purezza; e non sapeva che era la sua anima stessa che ella vedeva riflessa in quelle splendide pupille.

Il Libro ogni tanto clamava in lei; ma essa ne soffocava la voce sussurrando: «Aspetta!»

E il Libro aspettava.


Un giorno, in giardino, Clarissa si dondolava nell’a-