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XX

Aveva due canestri
di fiori variopinti:
qua cenili giacinti,
lá bianchi gelsomini
e con sottile ingegno
un serto ella tessea
piú vago, o Citerea,
di quello del tuo crin.

Io nel gentil lavoro
gli occhi tenendo fissi :

— O avventurato ! — dissi —
chi meritar lo può?

Ella sorrise e tacque
sol per lasciarmi incerto;
indi, finito il serto:

— Prendilo, è tuo — gridò.

XXI

Ecco ritorna il mese
diletto a Citerea,
che suscita e ricrea
la valle, il monte, il pian.

Qual casta verginella,
rosseggia fra l’erbetta
la vaga mammoletta,
e sbuccia il tulipan.

Di coccole vermiglie
il pruno si riveste,
e spiran le foreste
\úta, freschezza, odor.

Tutto germoglia al tempo
de la stagion novella,
ma nel tuo seno, o bella,
no, non germoglia amor.