Pagina:Vittorelli - Poesie, 1911 - BEIC 1970152.djvu/50

LXXXII

Per il solenne ingresso di monsignor conte Girolamo Enrico Beltramini Miazzi
alla chiesa vescovile di Feltre.

— Sol di giovare altrui lieto e contento
e pien del Dio che su l’aurora invoco,
in questo oscuro e solitario loco (»)
umil vivrò, sin che il mio fral sia spento. —

Cosi dicesti, ed ecco in un momento
mistica nube di purpureo foco
accendersi ne l’alto, e a poco a poco
scender tranquilla per le vie del vento.

Giá rade il suolo e nel lucente grembo,
signor, t’involve. Io dal terrore ondeggio
e un gelido sudor mi cola intorno.

Quand’ecco s’apre e si dilegua il nembo,
e te, dov’eri innanzi, alfin riveggio
di gemmata tiara il capo adorno.

LXXXII I

ALLA CONTESSA ENRICA SPINEDA

nelle sue illustri nozze, in nome di Giacomina Teresa Gaudini Scolari.

A cui s’intreccia e a cui dovrassi questa
di rose aniatuntee gentil corona,
e l’aureo cinto e la vermiglia zona
per man de le tre Grazie or or contesta?

A te chiara non men che saggia e onesta
devesi, Enrica mia, per cui risuona
l’erbosa Delfo, il pronubo Elicona
e il Sile cristallin d’applauso e festa.

Giá fatta sposa, al genitor amato
baci l’ingenua fronte, e un caro addio
t’esce dal labbro rispettoso e grato.

Vanne felice, e se nostr’alme unio
di tenera amistá laccio bennato,
fa’ che noi sciolga e noi rallenti oblio.

(i) AUudesi al nuovo suo ritiro dove aveva stabilito di vivere monsignore.