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LXXX

PER LA PROFESSIONE DELLA MEDESIMA

In nome del canonico Scolari a monsignor Golini vicario monastico.

Se il benefico del maturi ed empia
i fausti voti che mentir non sanno,
siedi propizio e l’onorato scanno
intera e salda autoritá riempia.

Quest’angioletta che a la fresca tempia
e al tenero suo fianco, or volge un anno,
strinse modesto velo ed umil panno,
oggi desia che il buon voler si adempia.

Cingi la prima volta il flavo ammanto
dunque, o signor, e l’inclita donzella
rinnovi e compia i giuramenti suoi.

E questo giorno avventuroso tanto
l’epoca segni fortunata e bella
al suo nobil trionfo e agli onor tuoi.

LXXXI

Facendo il suo solenne ingresso alla chiesa arcipresbiterale di Breganze
il reverendissimo signor marchese Francesco Dondi Orologio (i).

Pure vivcano un tempo e sconosciute
le turbe agresti, e dove un rio zampilla
sedeva lieta con gli armenti Eurilla
e suonava Damon le canne argute.

I cereali don, l’agne spremute
fean quella gente paga, anzi tranquilla;
ma non è piú la solitaria villa
albergo d’innocenza e di virtute.

Oggi il delitto non ritrova inciampi,
e ne la selva e ne la valle aprica
orme troppo funeste avvien che stampi.

Tu sei prode, o signor, ma qual fatica
atta saria per ricondurre ai campi
un’ombra sol de l’innocenza antica?

(i) Questo sonetto venne ristampato nell’ ingresso alla stessa chiesa di Breganze
di Sua Eccellenza reverendissima Giovanni Badoer.