Pagina:Vita nuova.djvu/99


edizioni xcvix

e introdurre poche varianti, che non migliorano il testo (come: III 2 si movessero, VII 3 d’ogni dolore, XIX 15 lo intero trattato, XXVI 8 omesso e però lasciando lui, XXIX 3 ineffabile, XXXVII 2 essere restate). E, appena stampato il testo, messosi a comporre il commento, già vede la necessità di nuove mutazioni; onde avviene spesso di trovar dichiarato nelle note che accetta una lezione diversa da quella che si legge nel testo (p. 140 che ne sa ’l vero, 141 E vedra’ mi bene ubbidir servitore, 147 onde l’ingannato amico mio, 152 m’impugnava, 154 vedere, 156 il divino, 169 erronea, 190 secondo li cristiani veritade è che nove, 204 di mostrare la mia viltà, 208 lacrimar). Si danno dei casi curiosi. In III 15 ha dal Fraticelli sogno; stampando il testo, lo muta in sonetto; poi nelle note dichiara che sogno «è senza manco la vera lezione»! In XX 7 comincia col leggere, arbitrariamente, siano prodotti insieme in atto nel testo (p. 54); poi seguita nelle note (p. 163) a variare la lezione, a capriccio, da linea a linea: «Nella seconda dico come questo soggetto e questa potenza sieno prodotti in un atto, a un tempo. Alcune stampe hanno insieme e altre in essere, dove noi senza diversità d’interpretazione leggiamo, giusta i più dei codici [?], in atto. Ma qui non si tratta di potenza che si riduca in atto, bensì di soggetto e potenza prodotti in un atto, ciò che importa lo stesso che nati insieme....». Fermiamoci ai codici. Intanto, non è vero che i più di essi in XX 7 leggano in atto: nessun codice ha invece questa lezione, e l’affermazione più modesta del Fraticelli «altri leggono in atto» deriva dal frantendimento di questa nota del Torri: «Così [vale a dire in essere, come ha il testo] l’EP e il CC, cioè in atto, meglio a creder nostro della comune lezione insieme». In atto è una dichiarazione di in essere, e non una variante. Il Giuliani ricorda, per altri passi, anche altri codici: ebbene, anche di questi ha saputo trarre poco profitto. Cita il Ricc. 1054 per la lezione d’ogni dolore in VII 3 (p. 129); i Ricc. 1340, 1034 e 1140 a favore di lo pronta in XII 13 (p. 140); il Laur. XL 42 per preferire in XVI 4 m’impugnava a mi pugnava (p. 152), il Ricc. 1050 per sostenere in XXIII 10 mestieri contro misterii (p. 170). Allega anche, al § XII 17, il codice «Magliabechiano 143», cioè Magl. VI 143, per leggere «intenderà e in quello modo, laddove la comune porta intenda e in questo modo» (p. 142), ma a farlo apposta anche quel codice ha la lezione comune! Afferma pure (p. 144) che forte, in luogo di folle (XIII 8), «si legge chiaramente in due de’ codici (Magl. 163 e Laur. 42, plut. 40)»; ma nessun Magl. 163 contiene la Vita Nuova o rime di Dante, e se deve prendersi invece per Magl. VI 143, nè questo codice, nè il Laur. XL 42, hanno forte, bensì la lezione ordinaria. Ma ben più «chiaramente» che nei codici, vedeva il buon padre Giuliani «nella ragione e nell’arte» di Dante. Basta il verso