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lettere e musica, se ne invaghì, e fattala sua sposa adottò il fanciullo per figliuolo. Venuti a morte e Femio e Criteide, entrò Omero nei beni e nella scuola del padre, nella quale manifestato sublime intendimento, non solo que’ di Smirne accorrevano in folla ad udirlo, ma ancora i forestieri, tra i quali un certo Mente mercadante di Leucade amatore della poesia, preso dalle ottime qualità di lui molto lo stimolò a volerlo seguire ne’ suoi viaggi. Omero, che già divisava dell’Iliade, approfittò volentieri di questa occasione a solo fine d’istruirsi dei luoghi e costumi, dei quali avrebbe dovuto parlare. Messosi adunque in viaggio, percorsa l’Italia e la Spagna, giunse in Itaca dove assalito da una flussione d’occhi gli riuscì liberarsene, e molto in ciò valse l’ajuto e la cura d’un ricco ed ospitale uomo chiamato Mentore, dal quale ancora molte cose apprese intorno le avventure d’Ulisse. Poscia collo stesso mercadante giunse a Colofone, e qui con più di vigore rinnovellatasi la malattia degli occhi rimase intieramente cieco. Per questa mala avventura fu costretto di tornarsene a Smirne colla fiducia che i suoi conoscenti avrebbero di lui preso governo; e già pervenutovi terminò ivi l’Iliade. Ma, o fosse che ritrovato avesse que’ cittadini molto dissimili a quello di prima, od altra cagione, deliberò andare a Cuma. Lungo il viaggio fermossi in una terra chiamata Muro-Nuovo, e qui certo Tichio fabbricatore d’armi ed amante della poesia, più che sembrar non dovesse, gli diè ricovero ed alimentollo per alcun tempo. In questo mezzo compose gran parte de’ suoi Inni agli Dei, ed il poema sulla Spedizione d’Anfiarao a Tebe; quindi proseguì fino a Cuma, ove amorevolmente e con grande allegrezza fu accolto. Sentendo egli che i cittadini ammiravano i suoi versi, si offrì a rendere immortale il nome di quella Città, e celebrarla sov’altra mai pel solo alimento; al che un Magistrato rispose, che di troppo si ag-