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BELLINI 17

Parma. Quest’opera non piacque. Fu puntiglio municipale che al dramma Cesare in Egitto d’un poeta cittadino egli preferì l’opera del genovese Romani? Forse volle la prima volta provarlo la Fortuna, che precocemente gli s’era concessa, con un sguardo di amante crucciata? Ma il giovine di feminee parvenze mostrossi fieramente uomo, quando, soffermate sull’ingresso della platea, vide sfilare sotto gli occhi, inchinandolo, i suoi fischiatori, silenziosi e dimessi.

Venezia, non sazia delle melodie del Pirata, tentò, amorosamente insistendo, il Genio del catanese. Grato agli onori ricevuti, scrisse I Capuleti e i Montecchi. Agli 11 di maggio 1830 quella pietosa storia ebbe la sua più sincera e mesta interpretazione musicale; nessun’altra nota avrebbe potuto manifestare l’angoscia dell’amore più di quello che non facessero le cantilene uscite da un’anima capace di sentire tutto l’abbandono della sventura e della morte.

Il canto di Tebaldo, il lamento di Giulietta che attende trepidante il suo Romeo, il finale del 1° atto, dove i due amanti, per paura delle ire

C. REINA - Bellini 2