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272 LIBRO SECONDO — SEZIONK SECONDA — CAPITOLO QUARTO

d’intorno all’origini delle lettere deve far accorto il leggitore a ricevere queste cose che noi ne diremo, non solo con indifferenza di vedere che arrechino in mezzo di nuovo, ma con attenzione di meditarvi e prenderle, quali debbon essere, per principii di tutto r umano e divino sapere (a) della gentilità.

Perchè da questi principii: di concepir i primi uomini della gentilità l’idee delle cose per caratteri fantastici di sostanze animate e mutoli; di spiegarsi con atti o corpi ch’avessero naturali rapporti all’idee (quanto, per esemplo, lo hanno l’atto di tre volte falciare o tre spighe, per significare «tre anni»), e sì, spiegarsi con lingua che naturalmente significasse, che Platone e Giamblico dicevano essersi una volta parlata nel mondo (b) i (che deve essere stata l’antichissima lingua atlantica, la quale eruditi ~ vogliono

(a) che tutto da questi principii si fa dipendere e vi si fa reggere per questa Scienza. Perchè, ecc.

(è) doveva Aristotile incominciare la sua Periermenia o sia «interpretazione de’ nomi», che, come si è sopra detto, cosi non sarebbe in ciò stato contrario a Platone; e Platon doveva andarla a ritrovare nel Cratilo, ove con magnanimo conato il tentò e con infelice evento noi consegui. E generalmente da questi principii, ecc.

cMmts», che sostiene sia il vocabolo danese <i Merkia», che significa «Ugno lapidique literas vel notas incidere, item scribere, adnotare» ecc. (p. 736), il R. conchjude (p. 742): ’^ Quamquam autern Grceci Latinique Mercurium prò literarum inventore hahuerint, tamen cuin neutri eorum ac ne quidern ipsi Hebroei uUuin passim deant vocabulum cum his nostri» Merke et Merkissmdn, sono vel scriptione conveniens quo quidem literce aut literati aut al/quid ad rem liierariam spectans designetur, et iiihilominus inventar literarum Mercurius a literis vocetur, utique apud eos onines id nominis peregrinnm esse oportebit»; — donde la conseguenza dell’origine scandinava dell’inventore delle lettere.— Il V. poi scrive «Merkurouman», perchè, ignaro dell’alfabeto gotico, interpetra pel dittongo «oo» scritto alla greca il doppio «s» scritto alla tedesca nella parola «Merkurssman» (Mercurio), che ricorre nella p. 740.» Si veda p. 142.

  • Il Garofalo, scordandosi completamente che al tempo del V., e per molti anni

appresso (cf r. p. e. l’opera del Baillv, il famoso maire parigino: Lettres [al Voltaire] sur l’Atlantide de Platon et sur l’ancienne histoire de l’Asie, A Londres, Chez M. Elmsly, A Paris, Chez Debure 1779), c’erano molti uomini d’ingegno che giuravano sull’effettiva esistenza dell’isola Atlantide, dà a questo proposito per circa due pagine (160-1) la berlina al filosofo napoletano. E tra l’altro dice: «Noi ignoriamo gli eruditi i quali vogliono che la lingua atlantica spiccasse (sir corr: