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232 LIBRO SECONDO SEZIONE PRIMA — CAPITOLO SKCONDO

popoli (a); né alla divisione che ’1 popolo di Dio faceva di tutto

(o) [CMA 3] anche come néìV Annotazioni alla tavola cronologica’^ l’avvertimmo, di quelli Egizi che vaneggiavano d’esser stati essi i primi a disseminare l’umanità per le nazioni; e molto più che degli Egizi, nelle stesse Annotazioni^ l’osservammo de’ medesimi Ebrei, [CJi^^] e ’1 confermammo con un luogo d’oro di Giuseffo, assistito da una grave riflessione di Lattanzio; [CMA 3] e ’n conseguenza si dee perdere nello spiegare la guisa come gli Ebrei il poteron insegnar a’ gentili, quando al suo medesimo jjopolo, perchè l’aveva non poco perduto di vista nella schiavitù dell’Egitto, dovette esso Dio riordinarlo nella Legge la quale diede a Mosè sopra il Sinai. [CMA ■*] Tanto gli tre figliuoli di Noè, dopo rinuiegata la loro religione del vero Dio, poterono trammandare nelle loro razze il diritto naturai degli Ebrei ^ E finalmente Pufendorfio, ecc.

que gentibus, sive vicinis sive aliis (nec interim universis nec semper) commune habebatur».— Sulle dottrine del S. cfr. Ad. Franck, Reformateurs et publicistes de l’Europe— Dix-septième siede (Paris, Calmaiin Lóvy, 1881), p. 100 sgg. E sul peculiare significato che nel sistema vichiano ha la critica al trattatista inglese, cfr. Croce, op. e Ice. cit.

1 Si veda p. 57 sgg.

«Si veda pp. 94-5.

3 Perchè si possa intendere tutta l’ironia di quest’ultimo periodo, e utile ricordare che uno dei capisaldi del sistema del Selden (cfr. op. cit, lib. l, passim; e Fraxck, op. cit, p. 103) era che alla legge mosaica. la quale fu da Dio limitata al popolo eletto, precedettero due altre leggi, parimente rivelate da Dio, ma comuni a tutti gli uomini. Della prima, data ad Adamo, non resterebbe naturalmente alcun documento dell’altra, rivelata ai figli di Noè dopo il Diluvio e che sarebbe una delle principali fonti del diritto naturale comune a tutte le nazioni, si conserverebbero alcune tracce nel Pentateuco e specialmente nel libro di Giob, oltreché ce ne sarebbero stati trasmessi i sette precetti che la componevano nei Shéba mi^woth bene Noach del Talmud (il cemento al quali forma la maggior parte dell’opera seldeuiana).— Posto ciò, appar chiaro dal passo del V. cui ci riferiamo, che egli a codesta seconda rivelazione postdiluviana e premosaica non credesse né punto né poco; il che se è (anzi perchè è) in perfetta connessione logica con V ultima fase del pensiero di lui circa la caduta nello stato ferino di tutte tre le razze dei figli di Noè, rende ancora più ingarbugliata la questione posta a p. 209, n. 2, e fa sorgere un’altra contradizione insanabile. — Gli Ebrei — dice infatti il V.— avevano non poco perduto di vista, durante la schiavitù d’Egitto, il diritto rivelato da Dio; tanto che, ecc. ecc.— Perduto di vista? Dunque (conforme d’altronde alla tradizione biblica, a cui il V. credeva sinceramente) lo possedevano anche prima della legge mosaica: dunque a quella del Sina era dovuta precedere un’altra rivelazione. Quale e quando? Il V. non dice. — Si noti che in SN^ (nella quale, come s’è avvertito, p.209, n. 2, si escludeva ancora la razza semitica dall’imbcstiamento), il V., pur confutando la teoria del S., ne aveva accettata una parte, non senza, per altro, profondi ritocchi: vale a dire, la razza di