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i. struttura esterna della «scienza nuova» xv

zioniche esso ha introdotto nell’organismo del sistema1. Ciò a noi, per effetto dello sviluppo degli studi filosofici, specialmente degli ultimissimi tempi, torna abbastanza agevole: pel Vico, invece, era e doveva essere impossibile. Quindi accadeva che quando talvolta egli, cessando dal suggestionarsi, confessava a se stesso che la sua opera era oscura e andava ansiosamente in traccia della causa dell’oscurità, non riuscisse mai a trovarla o, quel ch’è peggio, la ravvisasse in cose meramente estrinseche.

Tale, per esempio, l’ordinamento generale della materia, che egli mutò ben quattro volte (Diritto universale, Scienza nuova in forma negativa, Prima Scienza nuova, Seconda Scienza nuova), giungendo, sì, nell’ultima redazione a trovarne uno che, astrattamente considerato, si può chiamare perfetto, ma che invece di diradare rese assai più fitto l’oscuro velo.

Un’altra causa di poca chiarezza egli credette di scorgere nel non essere, a parer suo, richiamate a sufficienza alla mente dei lettori certe massime generali da cui altre massime derivavano; onde pensò che rimedio opportuno fosse la costante e integrale ripetizione delle prime. Siffatta preoccupazione aumenta sempre più nelle ultime redazioni dell’opera (forse anche perchè nel Vico, con l’avanzarsi negli anni, s’accentuava la passione che egli aveva a ripetersi); cosìcché si giunge al punto che tutte le volte (e sono assai) che il Vico deve citare una Degnità,



  1. Il merito di avere scoperto codesto errore e d’aver reso, per tal modo, la Scienza nuova un libro relativamente chiaro, spetta tutto a Benedetto Croce, La filosofia di G. B. Vico (Bari, Laterza, 1911), cap. III (Struttura interna della SN). Troppi vincoli d’affetto e di riconoscenza mi legano a lui, perchè io possa dire tutto quel che vorrei di questo libro, che è tra i più belli, i più limpidi e i più caldi di quanti egli ne abbia scritti, e che segna una vera pietra miliare negli studi vichiani.