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I. struttura esterna della «scienza nuova» xi

eroica esistenza. L’uno, il più innocuo, fu l’indifferenza costante del pubblico: più innocuo, perchè a essa con l’andar del tempo il Vico, quantunque bramosissimo di fama, finì, quando se l’ebbe filosoficamente spiegata, per accomodarsi o almeno per rassegnarsi1. Il nemico vero del Vico, colui che non gli lasciò mai un momento di tregua, fu lo stesso spirito di lui, sempre irrequieto e insoddisfatto. Irrequieto e insoddisfatto come pensatore; irrequieto e insoddisfatto come scrittore.

Poco o punto da quest’ultimo punto di vista egli è stato studiato; che anzi, in virtù del falsissimo principio che si possa insieme pensar bene e scrivere male, sembra esser diventato quasi canone indiscusso2 che la forma del Vico sia orrida, e che di lui come scrittore non ci si debba occupare nè punto nè poco. Pure, se c’è scrittore che offra materia a un interessante studio stilistico, è per l’appunto l’«orrido» autore della Scienza nuova. Compiere qui codesto studio in modo esauriente non è possibile: tenteremo soltanto di fissare alcune qualità, positive e negative, del Vico scrittore; e ciò allo scopo precipuo di meglio intendere le tante torture che egli volle darsi nello scrivere la Scienza nuova.

È stato osservato3 del Vico filosofo che, quantunque profondissimo, mancasse poi del pregio molto minore dell’acume; e del Vico storiografo che, dotato d’un maraviglioso senso storico che gli permetteva di tracciare in modo affatto nuovo le grandi linee della storia, fosse poi sfornito di quel senso critico spicciolo che basta a saper interpetrare senza errori il contenuto di questo o quel documento sto-



  1. Cfr. la monografia più oltre cit. del Croce, Appendice I.
  2. Una doverosa eccezione va fatta non solamente pel Croce, loc. cit., ma anche per Niccolò Tommaseo. Cfr. La storia civile nella letteraria (Torino, Loescher, 1872), pp. 9-10.
  3. Cfr. la monografìa più oltre cit. del Croce, cap. III e XIII.