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e che l'altre attendevano alle parti, questa doveva insegnare l'intiero sapere, per cui le parti ben si corrispondan tra loro e ben s'intendan nel tutto. Onde d'ogni particolar materia dintorno al ben parlare discorreva talmente ch'ella fusse animata, come da uno spirito, da tutte quelle scienze ch'avevan con quella rapporto: ch'era ciò ch'aveva scritto nel libro De ratione studiorum, ch'un Platone, per cagion di chiarissimo essemplo, appo gli antichi era una nostra intiera università di studi tutta in un sistema accordata. Talché ogni giorno ragionava con tal splendore e profondità di varia erudizione e dottrina, come se si fussero portati nella sua scuola chiari letterati stranieri ad udirlo. Egli peccò nella collera, della quale guardossi a tutto poter nello scrivere; ed in ciò confessava pubblicamente esser difettuoso: che con maniere troppo risentite inveiva contro o gli errori d'ingegno o di dottrina o 'l mal costume de' letterati suoi emoli, che doveva con cristiana carità e da vero filosofo o dissimulare o compatirgli. Però quanto fu acre contro coloro i quali proccuravano di scemargliele, tanto fu ossequioso inverso quelli che di esso e delle sue opere facevano giusta stima, i quali sempre furono i migliori e gli più dotti della città. De' mezzi o falsi, e gli uni e gli altri perché cattivi dotti, la parte più perduta il chiamava pazzo, o con vocaboli alquanto più civili, il dicevano essere stravagante e di idee singolari od oscuro. La parte più maliziosa l'oppresse con queste lodi: altri dicevano che 'l Vico era buono ad insegnar a' giovani dopo aver fatto tutto il corso de' loro studi cioè quando erano stati da essi già resi appagati del loro sapere, come se fusse falso quel voto di Quintiliano, il qual desiderava ch'i figliuoli de' grandi, come Alessandro Magno, da bambini fussero messi in grembo agli Aristotili; altri s'avvanzavano ad una lode quanto più grande tanto più rovinosa: ch'egli valeva a dar buoni indirizzi ad essi maestri. Ma egli tutte queste avversità benediceva come occasioni