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animus, ut cum Sallustio loquar, «rector humani generis ipse agit, atque habet cuncta, neque ipse habetur». Deus semper operosus, semper actuosus animus. Mundus vivit, quia Deus est: si mundus pereat, etiam Deus erit. Corpus sentit, quia viget animus: si corpus occidat, animus tamen est immortalis. Tandem Deus naturae artifex, animus artium deus. animus, ut cum Sallustio loquar, «rector humani generis ipse agit, atque habet cuncta, neque ipse habetur». Deus semper actuosus; semper operosus animus. Mundus vivit, quia Deus est: si mundus pereat, etiam Deus erit. Corpus sentit, quia viget animus: si corpus occidat, animus tamen est immortalis. Tandem Deus naturae artifex; animus artium fas sit dicere deus.

Si supponga per un istante che le Emendationes sieno relative a D: vien subito spontanea alle labbra la domanda: — A che scopo il V. avrebbe trascritto così lungo brano per sole sette correzioncelle formali, che, così come fece per altre di simil genere, avrebbe assai piú comodamente e perspicuamente potuto segnare nei margini o inserire tra le interlinee del testo?— Ammettendo, invece, che le Emendationes si riferiscano a una antecedente redazione ora dispersa, non solo l’anzidetta domanda non ha ragione di essere, ma si spiega anche come D ci dia, nell’esempio allegato e negli altri che si potrebbero assai facilmente aggiungere, una lezione piú elaborata di quella conservataci da A1 . Giacché evidente miglioria è, p. e., la sostituzione di «oculo» a «oculis» dopo la frase «in aure audit»; e nel «fas sit dicere», aggiunto in fine per smorzare l’effetto, chi non vede il pio e religioso Vico, che, ritornando sul proprio scritto, attenua una frase, che alle sue orecchie di buon cattolico doveva sonare alquanto ardita?

Senza perderci in altre parole, possiamo a buon diritto fissare così la genesi del testo a noi pervenuto. Delle orazioni il V. stese una prima redazione [A], alla quale aggiunse piú tardi A1. Da A, senza tener conto di A1 fu tratta, soltanto per la seconda orazione, direttamente o per altre copie interposte, C. Su A, per altro, il V. ritornò una seconda volta, stendendo una seconda redazione [B], anch’essa smarrita, nella quale rifuse A1 ed eseguì alcuni ritocchi formali. Su B finalmente fu esemplato D, ossia il testo di cui noi disponiamo. Come poi D e A1 si trovino nel medesimo codice, non si riesce a spiegare, tranne che non si pensi: a) o che il V., per piú facilmente resistere alla tentazione di pubblicare quelle sue orazioni giovanili, inviasse al padre Antonio di Palazzolo tutto ciò che di