Pagina:Vico, Giambattista – La scienza nuova seconda, Vol. I, 1928 – BEIC 1964037.djvu/168

158 libro secondo - sezione seconda - capo primo


De instrumenti stylo. E pur μῡθος ci giunse diffinita «vera narratio», o sia «parlar vero», che fu il «parlar naturale» che Piatone prima e dappoi Giamblico dissero essersi parlato una volta nel mondo. I quali, come vedemmo nelle Degnitá, perché ’l dissero indovinando, avvenne che Platone e spese vana fatiga d’andarlo truovando nel Cratilo, e ne fu attaccato da Aristotile e da Galeno. Perché cotal primo parlare, che fu de’ poeti teologi, non fu un parlare secondo la natura di esse cose (quale dovett’esser la lingua santa ritruovata da Adamo, a cui Iddio concedette la divina onomathesia ovvero imposizione de’ nomi alle cose secondo la natura di ciascheduna), ma fu un parlare fantastico per sostanze animate, la maggior parte immaginate divine.

402Cosí [i poeti teologi] Giove, Cibele o Berecintia, Nettunno, per cagione d’esempli, intesero e, dapprima mutoli additando, spiegarono esser esse sostanze del cielo, della terra, del mare, ch’essi immaginarono animate divinitá, e perciò con veritá di sensi gli credevano dèi. Con le quali tre divinitá, per ciò ch’abbiam sopra detto de’ caratteri poetici, spiegavano tutte le cose appartenenti al cielo, alla terra, al mare; e cosí con l’altre significavano le spezie dell’altre cose a ciascheduna divinitá appartenenti, come tutti i fiori a Flora, tutte le frutte a Pomona. Lo che noi pur tuttavia facciamo, al contrario, delle cose dello spirito; come delle facultá della mente umana, delle passioni, delle virtú, de’ vizi, delle scienze, dell’arti, delle quali formiamo idee per lo piú di donne, ed a quelle riduciamo tutte le cagioni, tutte le propietá e ’nfine tutti gli effetti ch’a ciascuna appartengono: perché, ove vogliamo trarre fuori dall’intendimento cose spirituali, dobbiamo essere soccorsi dalla fantasia per poterle spiegare e, come pittori, fingerne umane immagini. Ma essi poeti teologi, non potendo far uso dell’intendimento, con uno piú sublime lavoro tutto contrario, diedero sensi e passioni, come testé si è veduto, a’ corpi, e vastissimi corpi quanti sono cielo, terra, mare; che poi, impicciolendosi cosí vaste fantasie e invigorendo l’astrazioni, furono presi per piccioli loro segni. E la metonimia spose in comparsa di dottrina l’ignoranza di queste