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Ànno qualche idea di semplice Tintura, e i loro colori non sono per verun conto dispregevoli. Fanno il nero della corteccia di Frassino, da loro chiamato Jassen, messa in fusione per otto giorni colle scorie squamose di ferro, che raccolgonsi intorno all’incudini dei fabbri; mettono quest’acqua a raffreddare, poi tingono con essa. Così ottengono un bel colore turchino coll’infusione del guado secco all’ombra nel ranno ben puro; bolle anche questa mistura parecchie ore, e si lascia poi raffreddare prima di mettervi i panni a tingere. Traggono anche dallo Scòdano, da loro detto Ruj, il giallo, e il bruno; e per ottenere il primo colore, usano talvolta dell’Evonimo, da loro conosciuto sotto il nome di Puzzàlina.

Le Donne Morlacche quasi tutte sanno lavorare di ricamo, e di maglia. I loro ricami sono assai curiosi, e perfettamente simili dal dritto, e dal rovescio. Ànno una sorte di lavoro di maglia, cui non sanno imitare le nostre Italiane, e l’usano principalmente per quella spezie di coturno, cui portano nelle Pappuzze, e nelle Opanche, chiamato Nazuvka. Non sono colassù rari i telai da rascia, e da grosso telame: poco però vi lavorano le femmine, perchè i loro uffizj fra’ Morlacchi non sono combinabili con lavori sedentarj.

In qualche Villa della Morlacchia v’è l’arte del Pentolaio, come a Verlika; i vasi, che vi si fabbricano grossolanamente, e vi si cuociono in fornaci rustiche scavate nel terreno, riescono di gran lunga più durevoli che i nostrali.

§. 8. Superstizioni.

Sieno della communione Romana, o della Greca que’ popoli ànno stranissime idee in proposito di Religione; e l’ignoranza di coloro, che dovrebbono illuminarli, fa