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amici del vero, benchè non mai fra di loro concordi, molti non persuadono che loro medesimi, o quando mai vi sia alcuna verità ne’ loro pensieri, gli espongono con sì infelice oscurità, che sembrano le loro dottrine piuttostochè umani ragionamenti, confuso garrire d’inquieti augelli. Della quale nebbia, forse sacra, ma per certo fastidiosa, è talvolta ingombrato sino il soavissimo stile di Platone, così meritamente glorioso, il quale non si compiacque in alcuni luoghi dedurre le acque limpide delle sue dottrine, onde le bevessimo con diletto, ma intorbidandole ce le ha rese talora sazievoli. Ed è in vero grandissima sventura, che la luce de’ suoi, debitamente chiamati divini volumi, sia talvolta così offuscata, in quella guisa che a tutti spiace, quando nubi improvvise adombrano il cielo sereno negli ameni giorni autunnali. Ma forse è questo un effetto inevitabile di questi sforzi, co’ quali il sempre ottuso nostro raziocinio tenta di