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— Ciò è difficile da accertare, e, d’altra parte, lo sapremo, rispose l’ingegnere.

Durante questa conversazione, Pencroff non era rimasto inoperoso. Egli aveva virato di bordo, ed il Bonaventura con tutte le vele spiegate filava rapidamente verso il capo Artiglio. Ciascuno pensava a quel naufrago dell’isola Tabor. Si era ancora in tempo di salvarlo? Grande avvenimento nella vita dei coloni! Essi medesimi non erano che naufraghi, ma era da temersi che un altro non fosse stato favorito al par di loro, e si sentivano in dovere di soccorrere quello sventurato.

Fu doppiato il capo Artiglio, ed il Bonaventura andò ad ancorarsi, verso le quattro, alla foce della Grazia.

La sera medesima i particolari relativi alla nuova spedizione erano regolati; parve conveniente che Pencroff ed Harbert, i quali conoscevano la manovra del battello, fossero soli ad intraprendere quel viaggio. Partendo il domani 11 ottobre, essi potevano arrivare il 13 nella giornata, poichè col vento che soffiava non ci volevano più di 48 ore per far quella traversata di 150 miglia. Un giorno nell’isola, tre o quattro giorni per tornare si poteva dunque far conto d’essere di ritorno il 17. Il tempo era bello, il barometro risaliva senza balzi, il vento pareva fermo; tutte le probabilità stavano dunque in favore di quelle brave persone che un dovere d’umanità doveva spingere lungi dalla loro isola.

Era stato convenuto che Cyrus Smith, Nab e Gedeone Spilett rimanessero al Palazzo di Granito; ma ci fu un reclamo: avendo Gedeone Spilett, il quale non dimenticava il proprio mestiere di reporter del New York Herald, dichiarato che andrebbe a nuoto piuttosto che perdere simile occasione, fu ammesso a prender parte al viaggio.

La serata fu spesa nel trasportare a bordo del Bonaventura alcune coperte, degli utensili, delle armi,