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come uno specchio, non si corrugava se non al soffio dei refoli che passavano capricciosamente.

Harbert stava a prua per indicare la strada da se guire in mezzo ai passi, quando d’improvviso esclamò:

— Orza! Pencroff, orza!

— Che cosa c’è? rispose il marinajo rizzandosi, uno scoglio?

— No... aspetta, disse Harbert: non vedo bene... orza ancora... bene... poggia un poco.

Così dicendo Harbert, il quale s’era coricato lungo il bordo, cacciò rapidamente il braccio nell’acqua, e si risollevò dicendo:

— Una bottiglia!

Teneva in mano una bottiglia turata che aveva afferrato a qualche gomena dalla costa.

Cyrus Smith prese la bottiglia. Senza dir parola ne fece saltare il collo e ne estrasse una carta umida sulla quale si leggeva:

“Naufragato.....” isola Tabor; 153° O. long. — 37° 11 lat. S.»


CAPITOLO XIII.


Partenza decisa — Ipotesi — Preparativi — I tre passeggieri — Prima notte — Seconda notte — L’isola Tabor — Ricerca sul greto — Ricerche nei boschi — Nessun animale — Piante — Una abitazione deserta.

— Un naufrago! esclamò Pencroff, abbandonato a poche centinaja di miglia da noi, in quell’isola Tabor! Ah! signor Cyrus, ora non vi opporrete più al mio viaggio?

— No, Pencroff, rispose Cyrus Smith, anzi partirete il più presto possibile.

— Domani?

— Domani.