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tutti avevano un solo pensiero: correre al ricinto e mettere in libertà gli animali che conteneva.

Prima delle tre del mattino erano giunti al ricinto. Urla orribili indicavano il terrore dei mufloni e delle capre. Già un torrente di materie liquefatte cadeva dal contrafforte sulla prateria e rodeva questa parte della palizzata. La porta fu aperta bruscamente da Ayrton, e gli animali fuggirono come pazzi in tutte le direzioni.

Un’ora dopo la lava empiva il ricinto, volatilizzava l’acqua del rigagnolo, incendiando l’abitazione come un falò e divorando fin l’ultimo palo della cinta.

Più nulla rimaneva del ricinto!

I coloni avevano voluto lottare contro quell’invasione, e si erano provati strenuamente, ma inutilmente, giacchè l’uomo è disarmato contro quei grandi cataclismi.

Era venuto il giorno 24 gennajo. Cyrus Smith ed i suoi compagni, prima di tornare al Palazzo di Granito, vollero osservare la direzione definitiva che avrebbe preso quell’inondazione di lave. Il pendio generale del suolo s’abbassava dal monte Franklin alla costa est, ed era a temersi che, non ostante i fitti boschi di Jacamar, il torrente si propagasse tino all’altipiano di Lunga Vista.

— Il lago ci coprirà, disse Gedeone Spilett.

— Lo spero, rispose Cyrus Smith.

Null’altro.

I coloni avrebbero voluto inoltrarsi fino alla pianura su cui era caduto il cono superiore del monte Franklin, ma allora le lave sbarravano il passaggio. Esse seguivano da una parte la vallata del rivo Rosso e dall’altra quella del rivo della Cascata, facendo evaporare i due corsi d’acqua nel loro passaggio. Nessuna possibilità di attraversare il torrente; bisognava tornare indietro. Il vulcano svettato non era più riconoscibile. Una specie di tavola rasa lo terminava allora e sostituiva l’antico cratere.