Pagina:Verne - L'isola misteriosa, Tomo II, Milano, Guigoni, 1890.pdf/324


Poi i coloni scesero nel canotto, che era ormeggiato a fianco del battello sottomarino. Codesto canotto fu condotto a poppa. Colà nelle linee d’immersione s’aprivano due larghe chiavi, che erano in comunicazione coi serbatoj destinati a determinare l’immersione dell’apparecchio. Furono aperte le chiavi, i serbatoj si riempirono, ed il Nautilus, affondando a poco a poco, sparve sotto la zona liquida.

Ma i coloni poterono seguirlo ancora attraverso gli strati profondi, che la sua poderosa luce rischiarava, mentre la cripta ridiventava oscura. Poi si cancellarono finalmente i bagliori elettrici. Il Nautilus, divenuto la bara del capitano Nemo, riposava in fondo ai mari.


CAPITOLO XVIII.


Le riflessioni di ciascuno — Ripresa dei lavori — Il primo gennajo 1869 — Un pennacchio in cima ad un vulcano — Primi sintomi d’eruzione — Ayrton e Cyrus Smith al ricinto — Esplorazione della cripta Dakkar — Ciò che il capitano Nemo aveva detto all’ingegnere.

All’alba i coloni erano tornati in silenzio alla bocca della caverna, alla quale diedero il nome di cripta Dakkar, in ricordo del capitano Nemo.

Allora la marea era bassa, e poterono facilmente passare sotto l’arcata.

Il canotto di latta rimase all’ingresso, in guisa che fosse al riparo dalle onde. Per maggior precauzione, Pencroff, Ayrton e Nab, lo tirarono sul piccolo greto che confinava con uno dei lati della cripta, in un luogo in cui non correva alcun pericolo.

L’uragano era cessato colla notte. Gli ultimi brontolii erano svaniti nell’ovest. Non pioveva più, ma il cielo era carico di nuvole. Insomma, quel mese d’ot-