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la solitudine, l’isolamento, sono cose tristi, superiori alle forze umane.... Io muojo per aver creduto che si potesse viver solo. Dovete dunque tentare ogni cosa per rivedere la terra in cui siete nati. So che quei miserabili hanno distrutto il battello che avevate fatto.

— Noi costruiamo una nave, disse Gedeone Spilett, una nave grande tanto da trasportarci alle terre più vicine; ma se riusciamo a rimpatriare, tosto o tardi, torneremo all’isola Lincoln, a cui ci legano oramai cari ricordi.

— È qui che avremo conosciuto il capitano Nemo, disse Cyrus Smith.

— Qui soltanto ritroveremo la vostra memoria intiera, disse Harbert.

— Ed è qui ch’io riposerò nell’eterno sonno, se... rispose il capitano.

Esitò, e invece di compiere la frase si accontentò di dire:

— Signor Smith... vorrei parlare a voi solo!...

I compagni ed il reporter, rispettando questo desiderio del morente, si ritirarono.

Cyrus Smith rimase alcuni istanti chiuso col capitano Nemo, e subito richiamò i compagni, ma non disse loro nulla delle cose segrete che il morente gli aveva voluto confidare.

Gedeone Spilett osservò allora il capitano con estrema attenzione. Era evidente che egli non era più sostenuto in vita che da un’energia morale, la quale non potrebbe in breve reagire più contro la debolezza fisica.

La giornata terminò senza che si manifestasse alcun mutamento.

I coloni non lasciarono un istante il Nautilus. Era venuta la notte, benchè fosse impossibile avvedersene in quella cripta, Il capitano Nemo non soffriva, ma declinava. La sua nobile faccia, impallidita dalla