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e non solo percorse le regioni tuttavia indipendenti della penisola indiana, ma anche quelle direttamente soggette alla dominazione inglese.

Ricordo i gran giorni di Tippo Saïb, morto eroicamente a Seringapatam per la difesa della patria.

Nel 1857 scoppiò la gran rivoluzione di Cipayes. Il principe Dakkar ne fu l’anima, fu egli che promosse la sollevazione, fu egli che mise il suo ingegno, le sue ricchezze a servizio di quella causa, e si battè egli pure in prima fila e rischiò la vita come il più umile di quegli eroi che si erano sollevati per liberare il loro paese; fu ferito dieci volte in venti scontri e non aveva potuto trovarvi la morte, quando gli ultimi soldati dell’indipendenza caddero sotto le palle inglesi.

La potenza britannica nell’India non corse mai maggior pericolo, e se, come avevano sperato, i Cipayes avessero avuto soccorso dal di fuori, sarebbe stata finita nell’Asia la dominazione del Regno Unito.

Il nome del principe Dakkar fu allora illustre. L’eroe che lo portava non si nascose, e lottò apertamente; la sua testa fu posta a taglia, e se non s’incontrò un traditore che la vendesse, il padre, la madre, la sposa, i figli di lui pagarono in vece sua.... Ancora una volta il diritto era caduto dinanzi alla forza.

Ma la civiltà non dà mai indietro, e par ch’ella chiegga i diritti alla necessità. I Cipayes furono vinti ed il paese degli antichi rajahs ricadde sotto la dominazione più rigorosa dell’Inghilterra.

Il principe Dakkar, che non aveva potuto morire, tornò nelle montagne del Bundelkund. Là, oramai solo, vinto da un immenso disgusto contro tutto ciò che portasse il nome d’uomo, avendo in odio ed in orrore il mondo incivilito; volendo per sempre fuggirlo, radunò le reliquie delle sue ricchezze, raccolse una ventina dei compagni più fedeli, e un giorno