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atti, colle parole. Il capitano Nemo li trattenne con un gesto, e con voce più commossa, senza dubbio, di quello che avesse voluto:

— Quando mi avrete inteso, disse 1.

Ed il capitano, in poche frasi chiare e frettolose, fece conoscere tutta la sua vita.

Breve fu la narrazione, eppure egli dovette concentrare in sè tutto quanto gli rimaneva d’energia per giungere alla fine. Era evidente ch’egli lottava contro un’estrema debolezza. Molte volte Cyrus Smith lo eccitava a riposare un poco, ma egli crollava il capo come uomo a cui non appartenga più il domani, e quando il reporter gli offrì le sue cure:

Sono inutili, rispose, le mie ore sono contate!

Il capitano Nemo era un Indiano, il principe Dakkar, figlio d’un rajah del territorio, allora indipendente, di Bundelkund, e nipote dell’eroe dell’India, Tippo Saïb. Il padre suo, fin dall’età di dieci anni lo mandò in Europa affinchè ricevesse un’educazione completa, e col segreto intento che potesse lottare un giorno ad armi uguali contro coloro che considerava come gli oppressori del suo paese.

Da dieci a trent’anni, il principe Dakkar, dotato di gran cuore e di grande intelligenza, si istruì in ogni cosa, e nelle scienze, nelle lettere e nelle arti spinse i suoi studî a grande altezza.

Il principe Dakkar viaggiò in tutta Europa. La sua nascita e la sua fortuna lo facevano ricercare, ma non lo attirarono mai le seduzioni del mondo. Giovane e bello, egli stette serio, tetro, arso dalla sete d’apprendere, con un odio implacabile nel cuore. Il principe Dakkar odiava, odiava il solo paese in

  1. La storia del capitano Nemo fu infatti pubblicata col titolo di Ventimila leghe sotto ai Mari. Qui dunque ha luogo la medesima osservazione, che fu fatta in proposito delle avventure di Ayrton, sulla discordanza delle date. I lettori si riferiscano alla nota già pubblicata allora.