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— Eh! i vulcani sono capricciosi! rispose il reporter.

— Notate, soggiunge l’ingegnere, che l’inclinazione del monte Franklin favorisce lo scolo delle materie verso le valli ch’esploriamo ora. Bisognerebbe che un terremoto mutasse il centro di gravità della montagna perchè lo scolo si modificasse.

— Ma un terremoto è sempre da temersi in queste condizioni? interrogò Gedeone Spilett.

— Sempre, rispose l’ingegnere, sopratutto quando le forze sotterranee cominciano a svegliarsi e le viscere del globo rischiano d’essere ostruite dopo un lungo riposo. Dunque, mio caro Spilett, un’eruzione sarebbe per noi un fatto grave; meglio, molto meglio, che quel vulcano non avesse la velleità di svegliarsi. Ma non ci possiamo far nulla, non è vero? In ogni caso, checchè accada, non credo che il nostro dominio di Lunga Vista possa essere minacciato sul serio. Fra esso la montagna, il suolo è molto avvallato, se mai le lave pigliassero la via del lago, verrebbero gettate sulle dune e sulle parti vicine al golfo del Pesce-cane.

— Non abbiamo ancor visto in cima al monte alcun fumo che indichi una prossima eruzione, disse Gedeone Spilett.

— No, disse Cyrus Smith, nessun vapore sfugge dal cratere, di cui appunto jeri ho esaminato la cima, ma può darsi che nella parte inferiore il tempo abbia già accumulato macigni, ceneri, lave indurite, e che la valvola di cui parlavo sia per ora troppo carica. Al primo sforzo l’ostacolo scomparirà, e potete esser certo, caro Spilett, che nè l’isola, che è una caldaja, nè il vulcano, che ne è il tubo, scoppieranno sotto la pressione dei gas. Pure, lo ripeto, sarebbe meglio che non avvenisse alcuna eruzione.

— Ma non c’inganniamo, soggiunse il reporter, s’ode pure un sordo brontolío nelle viscere medesime del vulcano!