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— Bene! esclamò il marinajo; soltanto un’osservazione.

— Quale?

— La bella stagione si avanza, e non bisogna dimenticare che abbiamo da fare una traversata.

— Una traversata? disse Gedeone Spilett.

— Sì, quella dell’isola Tabor, rispose Pencroff. È necessario portarvi una notizia, che indichi la situazione dell’isola Lincoln in cui si trova ora Ayrton, per il caso che lo yacht scozzese venisse a riprenderlo. Chissà che non sia già troppo tardi!

— Ma, Pencroff, domandò Ayrton, come volete fare la traversata?

— Col Bonaventura!

— Il Bonaventura non esiste più.

— Il mio Bonaventura non esiste più! urlò Pencroff dando un balzo.

— No, rispose Ayrton, i deportati l’hanno scoperto nel suo piccolo porto, otto giorni sono appena, hanno preso il mare, e....

— E!... disse Pencroff a cui batteva il cuore.

— E, non avendo più Bob Harvey per manovrarlo, sono andati ad urtare contro gli scogli, dove il battello si è sfasciato interamente.

— Ah! i miserabili! i banditi! gl’infami! esclamò Pencroff.

— Pencroff, disse Harbert pigliando la mano del marinajo, faremo un altro Bonaventura, ne faremo un altro più grosso; abbiamo tutte le fasciature e tutte le ferramenta del brik a nostra disposizione.

— Ma sapete, rispose Pencroff, che ci vogliono almeno cinque o sei mesi per costrurre un battello di trenta o quaranta tonnellate!

— V’impiegheremo il tempo che ci vorrà, e per quest’anno rinunziamo a fare la traversata dell’isola Tabor.

— Che volete, Pencroff, aggiunse l’ingegnere, bi-