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— Nella casa?

— Sì.

Tutti cinque s’avanzarono verso la porta, ed in fatti, attraverso i vetri della finestra dirimpetto, videro tremare un lieve bagliore.

Cyrus Smith prese rapidamente il suo partito.

— È davvero una fortuna, diss’egli ai compagni, di trovare i deportati chiusi in questa casa e non timorosi d’essere sorpresi. Oramai sono nostri! Avanti!

I coloni si cacciarono allora nel ricinto, tenendo pronti i fucili. Il carro era stato lasciato al di fuori, sotto la guardia di Jup e di Top, che per prudenza furono legati.

Cyrus Smith, Pencroff, Gedeone Spilett da un lato, Harbert e Nab dall’altra, rasentando la palizzata, osservarono quella parte del ricinto che era assoluta mente oscura e deserta.

In pochi istanti tutti furono presso alla casa, innanzi alla porta chiusa.

Cyrus Smith fece ai compagni un cenno della mano che comandava loro di non muoversi, e s’accostò al vetro allora lievemente illuminato dalla luce interna.

Il suo sguardo si cacciò nell’unica camera che formava il pian terreno della casa.

Sulla tavola brillava un fanale acceso. Presso alla tavola era il letto che una volta serviva ad Ayrton. Sul letto riposava il corpo d’un uomo.

D’un tratto Cyrus Smith diè indietro, e con voce soffocata:

— Ayrton! esclamò.

La porta fu sfondata meglio che aperta, ed i coloni si precipitarono nella casa.

Ayrton sembrava dormire. La sua faccia attestava come avesse sofferto a lungo e crudelmente; ai suoi polsi ed alle sue caviglie si vedevano larghe lividure. Cyrus Smith si curvò sopra di lui.