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Il carro girò dapprima l’angolo della foce, poi dopo aver risalito per un miglio la sponda sinistra della Grazia, attraverso il ponte, in capo al quale incominciava la via di porto Pallone; colà gli esploratori lasciarono quella via a mancina e cominciarono a cacciarsi sotto il fitto degli immensi boschi che formavano la regione del Far-West.

Nelle due prime miglia, gli alberi piuttosto diradati permisero al carro di circolare rapidamente. Ogni tanto bisognava recidere qualche liana ed aprirsi il passo in mezzo ai cespugli, ma nessun ostacolo grave arrestò le mosse dei coloni.

I fitti rami degli alberi mantenevano un’ombra fresca al suolo. Deodars, douglas, casuarine, banksie, alberi di gomma, dragoni, ed altre essenze già note, si succedevano oltre i confini dello sguardo. Il mondo degli uccelli che frequentavano l’isola vi si trovava completo: tetraoni, jacamar, fagiani, lori e tutta la famiglia chiacchierona dei pappagalli e dei parrocchetti. Aguti, kanguri, cabiaj, fuggivano fra l’erbe; e tutto ciò ricordava ai coloni le prime escursioni fatte al loro arrivo nell’isola.

– Pure, fece osservare Cyrus Smith, parmi che questi animali, quadrupedi e volatili, siano più paurosi d’una volta. Questi boschi sono stati di recente percorsi dai deportati, di cui dobbiamo incontrar certamente le traccie.

Di fatto, in molti luoghi si potè riconoscere il passaggio più o meno recente d’un drappello d’uomini.

Qui erano rotture fatte agli alberi, forse allo scopo di segnare la via percorsa, colà ceneri d’un focolare spento, e pedate che certe parti argillose del suolo avevano serbato; ma null’altro si potè scorgere che indicasse un attendamento.

L’ingegnere aveva raccomandato ai compagni di astenersi dal cacciare, poichè gli spari delle armi da fuoco avrebbero potuto dare la sveglia ai deportati,