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conda sortita (27 novembre) Gedeone Spilett, il quale si era avventurato nei boschi per un quarto di miglio al sud della montagna, notò che Top sentiva qualche cosa. Il cane non aveva più i suoi modi indifferenti. Andava e veniva, frugava nell’erba e nei cespugli, come se l’odore gli svelasse qualche cosa sospetta.

Gedeone Spilett seguiva Top, lo incoraggiò, lo eccitò colla voce tenendosi pronto colla carabina spianata, ed approfittando del riparo degli alberi per coprirsi.

Non era probabile che Top avesse sentito la presenza d’un uomo, perchè in questo caso l’avrebbe annunziato con latrati trattenuti, e con una specie di collera sorda. Ora, poichè non faceva udire alcun brontolío, bisognava arguire che il pericolo non fosse nè vicino, nè imminente.

Passarono così cinque minuti circa. Top frugando, seguendolo il reporter con prudenza; quando d’un tratto il cane si precipitò verso un fitto cespuglio e ne estrasse un brandello di stoffa. Era un pezzo di veste maculata, lacera, che subito Gedeone Spilett portò al ricinto. Colà i coloni lo esaminarono, e riconobbero in essa un pezzo della veste di Ayrton, fatta di quel feltro unicamente fabbricato all’officina del Palazzo di Granito.

— Lo vedete, Pencroff, fece osservare Cyrus Smith, il disgraziato Ayrton ha resistito, i deportati l’hanno trascinato suo malgrado! Dubitate voi ancora della sua onestà?

— No, signor Cyrus, rispose il marinajo, e già da un pezzo mi sono pentito della mia diffidenza d’un momento; ma mi pare che bisogni dedurre una conseguenza da questo fatto.

— Quale? domandò il reporter.

— Questa, che Ayrton non fu ucciso nel ricinto, che fu trascinato vivo, dal momento che ha resistito, e che perciò vive forse ancora.