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fasto. Da tre anni e mezzo dacchè erano fuggiti da Richmond, si può dire che tutto era andato a maraviglia. L’isola aveva loro fornito in abbondanza vegetali, minerali, animali, e mentre la natura avevali costantemente colmati di doni, la loro scienza aveva saputo trar partito di tutto, il benessere materiale della colonia era, per così dire, completo. Inoltre, in certe occasioni, era venuta in loro ajuto un’inesplicabile influenza.... ma tutto ciò poteva avere un termine!

In una parola, pareva a Cyrus Smith che la sorte volesse volgersi contro di essi.

Infatti la nave dei deportati si era mostrata nell’isola, e se quei pirati erano stati, per così dire, distrutti miracolosamente, sei di loro erano scampati alla catastrofe, erano sbarcati sull’isola, ed i cinque superstiti si potevano dire imprendibili. Ayrton era stato, senza alcun dubbio, trucidato da quei miserabili, che possedevano armi da fuoco, e la prima volta che si erano serviti di quest’arme, Harbert era caduto quasi morto. Erano questi i primi colpi che la fortuna contraria avventava contro i coloni? Ecco ciò che domandava a sè stesso Cyrus Smith; ecco ciò che spesso ripeteva al reporter, al quale pure pareva che quello strano ma efficace intervento che li aveva tante volte ajutati, venisse ora meno. L’essere misterioso, qualunque si fosse, di cui non potevano negare l’esistenza, aveva esso abbandonato l’isola od aveva soggiaciuto alla sua volta?

Non era possibile alcuna risposta a tali domande. Ma non si immagini già che Cyrus Smith ed il suo compagno per ciò che cianciavano di tali cose fossero gente da disperare. Al contrario, essi consideravano la situazione faccia a faccia, prevedevano le sorti probabili, si preparavano ad ogni avvenimento, si atteggiavano saldi ed impavidi dinanzi all’avvenire, e se mai l’avversità dovesse colpirli, troverebbe in essi uomini pronti a combatterla.