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senz’urtare nelle gambe di qualche deportato semi-sveglio, d’onde pugni e bestemmie, sì che Ayrton fu più d’una volta costretto ad arrestarsi.

Finalmente giunse al tramezzo che chiudeva lo scompartimento di poppa, e trovò la porta che doveva aprirsi sulla soda medesima; Ayrton, costretto a forzarla, si pose all’opera. Era difficil cosa da compiere senza rumore, poichè si trattava di rompere un catenaccio; ma sotto le mani di ferro il catenaccio fu rotto e la porta aperta.

In quella un braccio s’appoggiò sulla spalla di Ayrton.

— Che fai tu là? domandò con voce brusca un uomo d’alta statura, che sorgendo nell’ombra diresse la luce d’una lanterna sul volto d’Ayrton.

Costui diede indietro; aveva riconosciuto il suo antico compagno Bob Harvey, il quale invece non doveva riconoscere lui, credendolo morto da un pezzo.

— Che fai tu là? ripetè Bob Harvey afferrando Ayrton per la cintola.

Ma Ayrton, senza rispondere, respinse vigorosamente il capo dei deportati e cercò di slanciarsi nella soda.

Un colpo di revolver in mezzo a quei barili di polvere e tutto sarebbe stato finito.

Ajuto, figliuoli! aveva esclamato Bob Harvey. Due o tre pirati, desti dalla sua voce, s’erano sollevati, e facendosi addosso ad Ayrton cercarono di atterrarlo; il robusto Ayrton si sbarazzò dalla loro stretta. S’udirono due colpi della rivoltella e due deportati caddero, ma una coltellata che non potè parare gl’intaccò le carni della spalla.

Ayrton comprese di non poter più porre in atto il suo disegno. Bob Harvey aveva chiuso la porta della soda, e avveniva nel traponti un movimento che indicava lo svegliarsi generale dei pirati. Bisognava riserbarsi per combattere al fianco di Cyrus Smith. Più non rimaneva che fuggire.