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da due corsi di lave eruttate dal vulcano, che si sono accumulate con eruzioni successive. Ne risulta adunque che questo golfo è riparato interamente da tutti i lati, ed è a credere che anche nei tempi più brutti il mare vi sia placido come un lago.

— Senza dubbio, aggiunse il marinajo, poichè il vento per penetrarvi non ha che la stretta gola scavata fra i due capi, ed anzi il capo del nord copre il capo del sud in guisa da rendere difficilissima l’entrata alle raffiche. In verità il nostro Bonaventura potrebbe starvi tutto l’anno senza nemmeno gettar l’ancora.

— È un po’ grande per esso, fece osservare il reporter.

— Eh! signor Spilett, rispose il marinajo, convengo che è troppo grande per il Bonaventura; ma se le flotte dell’Unione hanno bisogno d’un riparo sicuro nel Pacifico, credo che non troveranno di meglio di questa rada.

— Siamo nella gola del Pesce-cane, fece osservare Nab, alludendo la forma del golfo.

— Proprio nella gola, mio bravo Nab, rispose Harbert; non avete già paura che si chiuda sopra di noi?

— No, rispose Nab; eppure questo golfo non mi piace gran fatto; ha un brutto aspetto.

— To! esclamò Pencroff, eccoti Nab che deprezza il mio golfo nel momento in cui io penso di farne omaggio all’America!

— Ma almeno le acque sono esse profonde? domandò l’ingegnere; perchè ciò che basta alla chiglia del Bonaventura non basterebbe a quella dei nostri vascelli corazzati.

— È facile accertar la cosa, rispose Pencroff.

Ed il marinajo gettò una lunga corda che gli serviva di scandaglio ed a cui era legato un pezzo di ferro. Codesta corda misurava circa 150 braccia e si svolse tutta senza toccar fondo.