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Ed il marinajo era felice di vedere la propria immagine, fedelmente riprodotta, ornare le pareti del Palazzo di Granito, e si fermava volentieri innanzi a quella mostra, come avrebbe fatto in faccia alle più ricche vetrine di Broadway, Ma, convien dirlo, il ritratto meglio riuscito fu, senza contrasto, quello di mastro Jup, il quale aveva posato con una serietà indescrivibile. La sua immagine era parlante.

— Non pare che voglia fare la smorfia? diceva Pencroff.

E perchè mastro Jup non fosse contento, avrebbe dovuto essere ben schizzinoso. Ma era sì contento, e contemplava la propria immagine con un’aria sentimentale che lasciava scorgere una lieve dose di fatuità.

I gran calori dell’estate terminarono col mese di marzo. Il tempo fu talvolta piovoso, ma tuttavia caldo. Codesto mese di marzo, che corrisponde al settembre delle latitudini boreali, non fu così bello come si sarebbe dovuto sperare. Pareva che annunziasse un in verno precoce e rigido.

Anzi un mattino, il 21, si potè credere che fossero cadute le prime nevi; ed Harbert 9, il quale si era messo di buon’ora ad una delle finestre del Palazzo di Granito, esclamò:

— To’! l’isolotto è coperto di neve!

— Della neve in questa stagione? rispose il reporter, che aveva raggiunto il giovinetto.

I compagni furono presto al loro fianco, e tutti insieme poterono accertarsi che, non solamente l’isolotto, ma tutto il greto ai piedi del Palazzo di Granito era coperto d’uno strato bianco, sparso uniformemente sul suolo.

— È proprio neve! disse Pencroff.

— Od almeno le assomiglia molto, rispose Nab.

— Ma il termometro segna 58 gradi! (14 centigradi sopra zero) fece osservare Gedeone Spilett.