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con un gesto calmo, levando la mano collo smeraldo al dito.

— No, non ho più fame.

Si passò il tovagliuolo sulla bocca, quasi a tergerne l’amaro, lo ripiegò, lo posò sulla sponda, e salì in camera sua a frugare nelle carte che erano sullo scrittoio. La cognata, rimasta colle figliuole, si cacciò le mani nei capelli, senza dir nulla.

Le ragazze sparecchiarono in silenzio, e andarono a rincantucciarsi nelle loro stanzette. Lo zio canonico non uscì nel dopo pranzo. Verso sera la cognata andò a picchiare timidamente all’uscio di lui.

— Sto mettendo in ordine le sue carte, — disse il canonico leggendo negli occhi sgomenti della povera madre. — Ci vorrà un po’ di tempo, perchè non mi sarei aspettato di dovergli rendere questi conti così presto.

La poveretta si lasciò cadere su di una sedia vicino all’uscio, annientata, colle braccia in croce sulle ginocchia, seguendo macchinal-