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me! per un cuore di poeta! Ne saresti superba anche tu. Voglio crearti un trono di gloria, voglio eternare in un canto.... — E ci tornava con un’insistenza spietata, ingenua, instancabile. Il tempo scorreva rapidamente, sebbene nella stanza non ci fosse neppur l’ombra di quel volgare arnese che lo misura agli intelletti piccini, che regola prosaicamente le occupazioni dei borghesi. Elena guardò il suo orologio, e si rizzò di botto, più seria di com’era venuta, aggiustandosi in furia i nastri del cappello e il lembo della veletta, cercando istintivamente cogli occhi uno specchio. — No! no! è tardi, devo andarmene....

— Perchè siete venuta dunque? esclamò il poeta lasciandosi vincere dal dispetto.

Elena si tirò indietro bruscamente, completamente trasformata da un istante all’altro, col viso basso, tutto una vampa, i lineamenti contratti, le sopracciglia aggrottate. Poscia gli saettò in faccia un’occhiata che pel poeta fu una rivelazione, un lampo, l’ispirazione di gettarlesi ai piedi un’altra volta, scongiurandola