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— Dove?

— A Catania.

Cercai inutilmente di leggere sotto la sua maschera. Egli si levò il berretto con comica gravità, e ci disse:

— Prima che finisca il veglione.

— Ma s’è partita? disse Arturo.

— Non è partita, rispose semplicemente l’arlecchino, e ci volse le spalle.

Egli era tutt’altro che stupido o ubbriaco, e l’imbarazzo del nostro silenzio lo confessava chiaramente.

Che cos’era dunque?



M’aggiravo a casaccio fra le maschere, ora spingendo, ora spinto, allorchè sentii tirarmi per le falde dell’abito. Era di nuovo l’arlecchino, colla stessa aria d’imbecille. Egli mi disse:

— Vuoi venire con me?

— Dove?