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Enrico si passò la mano sugli occhi, come per scacciarne la frenesia che vi lampeggiava, e riprese dopo alcuni istanti di silenzio:

— Sono pazzo! lo so anch’io! Ma la ragione mi è insopportabile. Non credo più nell’arte, non credo più nella vita, di cui posso contare i giorni che ancora mi rimangono, non credo più nell’amore... e son geloso!

— Hai visto le sue braccia nude? mi domandò dopo un istante con voce rauca, come se parlasse in sogno.

— Ma la tua famiglia? gli dissi.

Non rispose. Poscia, dopo un lungo silenzio, e asciugandosi gli occhi:

— È il solo dolore che mi rimanga!

— Potrebbe anche essere un conforto, e tale da compensarti ampiamente.

Enrico mi rise in faccia con un’ironia quasi insolente.