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Un demone maligno si assise sogghignando al capezzale del mio letto sin dalla prima notte, per strascinare nel volgare e nel ridicolo tutte le mie illusioni.

La realizzazione dei miei castelli in aria era diventata la sorgente di mille fastidii, di mille sorprese, ed anche di mille dolori. Ero costretto a starmi fuor di casa la maggior parte del tempo per non spoetarmi intieramente l’anima alla vista di lei che, con un’abnegazione senza pari, affaccendavasi nelle cure domestiche. Mi era parso che lo starle sempre accanto dovesse essere una felicità sovrumana, e quella felicità, vista da vicino, aveva particolari così volgari, che mi facevano chiudere gli occhi e sanguinare il cuore. Delle notti intiere, col gomito sul guanciale, vedendola dormire accanto a me, bella, serena, quasi felice anche nel sonno — lei che mi aveva tutto sacrificato — domandavo a me stesso se ella soffocasse, con me, le medesime dolorose impressioni, oppure se non le provasse nemmeno perchè mi amava dippiù, o in un altro modo, oppure se nella donna ci fosse, come un istinto provvidenziale, l’affetto del