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Ho veduto anco di mano de’ figliuoli di Pulidoro pittore perugino ritratti della medesima sorte bellissimi. Ma per tornare a Milano, riveggendo io un anno fa le cose del Gobbo scultore, del quale altrove si è ragionato, non viddi cosa che fussi se non ordinaria, eccetto un Adamo et Eva, una Iudith et una Santa Elena di marmo che sono intorno al Duomo con altre statue di due morti, fatte per Lodovico detto il Moro e Beatrice sua moglie, le quali dovevano essere poste a un sepolcro di mano di Giovan Iacomo dalla Porta, scultore et architetto del Duomo di Milano, il quale lavorò nella sua giovanezza molte cose sotto il detto Gobbo. E le sopra dette, che dovevano andare al detto sepolcro, sono condotte con molta pulitezza. Il medesimo Giovan Iacomo ha fatto molte bell’opere alla Certosa di Pavia, e particolarmente nel sepolcro del conte di Virtù e nella facciata della chiesa. Da costui imparò l’arte un suo nipote, chiamato Guglielmo, il quale in Milano attese con molto studio a ritrarre le cose di Lionardo da Vinci, circa l’anno 1530, che gli fecero grandissimo giovamento; per che andato con Giovan Iacomo a Genova, quando l’anno 1531 fu chiamato là a fare la sepoltura di San Giovanni Batista, attese al disegno con gran studio sotto Perino del Vaga, e non lasciando perciò la scultura, fece uno dei sedici piedistalli che sono in detto sepolcro. Là onde, veduto che si portava benissimo, gli furono fatti fare tutti gl’altri. Dopo condusse due Angeli di marmo, che sono nella Compagnia di San Giovanni. Et al vescovo di Servega fece due ritratti di marmo et un Moisè maggiore del vivo, il quale fu posto nella chiesa di San Lorenzo. Et appresso, fatta che ebbe una Cerere di marmo, che fu posta sopra la porta della casa d’Ansaldo Grimaldi, fece sopra la porta della Cazzuola di quella città una statua di Santa Caterina grande quanto il naturale, e dopo le tre Grazie con quattro putti di marmo, che furono mandati in Fiandra al gran scudiero di Carlo Quinto imperatore insieme con un’altra Cerere grande quanto il vivo. Avendo Guglielmo in sei anni fatte quest’opere, l’anno 1537 si condusse a Roma, dove da Giovan Iacomo suo zio fu molto raccomandato a fra’ Bastiano pittore viniziano suo amico, acciò esso il raccomandassi, come fece, a Michelagnolo Buonarruoti, il quale Michelagnolo veggendo Guglielmo fiero e molto assiduo alle fatiche, cominciò a porgli affezione, et innanzi a ogni altra cosa gli fece restaurare alcune cose antiche in casa Farnese, nelle quali si portò di maniera, che Michelagnolo lo mise al servigio del Papa, essendosi anco avuto prima saggio di lui in una sepoltura, che avea condotta dalle Botteghe Oscure per la più parte di metallo al vescovo Sulisse, con molte figure e storie di basso rilievo, cioè le Virtù cardinali et altre fatte con molta grazia, et oltre a quelle la figura di esso Vescovo, che poi andò a Salamanca in Ispagna. Mentre dunque Guglielmo andava restaurando le statue, che sono oggi nel palazzo de’ Farnesi nella loggia che è dinanzi alla sala di sopra, morì l’anno 1547 fra’ Bastiano viniziano, che lavorava come s’è detto l’uffizio del Piombo, onde tanto operò Guglielmo col favore di Michelagnolo e d’altri col Papa, che ebbe il detto uffizio del Piombo, con carico di fare la sepoltura di esso papa Paulo Terzo, da porsi in San Piero. Dove con miglior disegno s’accomodò nel modello delle storie e figure delle Virtù teologiche e cardinali, che aveva fatto per lo detto vescovo Sulisse,