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CAPITOLO VII.


I traditori.


Dik Mac Leod, il poco simpatico chaffeur, dopo un’abbondante colazione, durante la quale aveva dato una sorprendente prova del suo appetito, aveva lasciata la palazzina per recarsi a preparare il suo bagaglio, quando un uomo di statura quasi gigantesca e di forme massiccie, avvolto in un gran pastrano foderato di pelle di bisonte, che da qualche ora passeggiava poco lontano dalla cancellata che chiudeva il giardino, lo abbordò bruscamente, dicendogli:

— Vorreste permettermi una parola, mister? Se non m’inganno siete uno chaffeur, o almeno ne indossate il costume. —

Se il signor di Montcalm non si fosse trovato nel suo garage assieme allo studente per sorvegliare gli operai che davano gli ultimi colpi alla preparazione dell’automobile, avrebbe subito riconosciuto, con non poca sorpresa, in quel gigante il maestro di boxe di mister Torpon.

Dik Mac Leod, udendo quelle parole, si era fermato, osservando attentamente l’americano ed ammirandone sopratutto le forme imponenti.

— Dite pure, mister, — rispose finalmente.

— Questo veramente non è il luogo per fare delle confidenze, mio caro chaffeur, — rispose il yankee, lanciando un’occhiata sospettosa verso la palazzina del canadese. — Posso offrirvi un buon bicchiere di wisky od un grog?