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la caccia al treno 261

mente, furiosi di non aver ancora potuto raggiungere il fuggiasco che li teneva così bene in scacco e di non aver ancora potuto affondare le loro corna nelle sue carni.

Un altro minuto di corsa disperata, poi due lampi squarciarono il nebbione a pochi metri dinanzi allo studente.

L’automobile ed il suo carrozzone stavano a pochi passi, pronti a ripartire poichè il guasto, più per opera del canadese che dell’ex-baleniere, il quale se avesse potuto l’avrebbe invece aggravato, era stato nel frattempo riparato.

— Signor Gastone!... Dik!... — gridò lo studente con voce strozzata.

— Qui!... Qui!... — rispose subito il canadese.

— I buoi!... I buoi!... Mi danno la caccia!...

— Li odo!... Saltate!... —

La sirena lacerò l’aria, mentre il motore ricominciava i suoi teuff-teuff affannosi.

Walter in quattro salti raggiunse l’automobile ormai visibile pei suoi fanali proiettanti attraverso la nebbia due splendidi fasci di luce, si slanciò sul predellino e cadde fra le braccia del canadese il quale grido subito:

— Via Dik!... A cinquanta miglia!... —

Poi prendendo una bottiglia di wisky ancora mezza piena, la porse allo studente, dicendogli:

— Mandate giù un sorso e poi sparate. —

I buoi muschiati giungevano come una valanga, in gruppo serrato, le teste basse, colle corna quasi rasentanti la superficie gelata.

Guai se tutte quelle masse, lanciate come erano, si fossero precipitate addosso al treno. Fortunatamente giungevano con qualche mezzo minuto di ritardo.

— Via, Dik!... — ripetette il canadese, impugnando le due grosse Colt.