Pagina:Ultime lettere di Jacopo Ortis.djvu/41


ultime lettere d'jacopo ortis 39

mi affida dall’odio di questa razza d’uomini, tanto da me diversa? Nè giova disputare per iscoprire per chi stia la ragione; non lo so; nè la pretendo tutta per me. Quello che importa, si è (e tu in ciò sei d’accordo), che questa indole mia altera, salda, leale, o piuttosto ineducata, caparbia, imprudente, e la religiosa etichetta che veste d’una stessa divisa tutti gli esterni costumi di costoro, non si confanno; e davvero io non mi sento in umore di mutar abito. Per me dunque è disperata perfino la tregua; anz’io sono in aperta guerra, e la sconfitta è imminente; poichè non so neppure combattere con la maschera della dissimulazione, virtù d’assai credito e di maggiore profitto. Ve’ la gran presunzione! io mi reputo meno brutto degli altri, e sdegno per ciò di contraffarmi; anzi buono o reo ch’io mi sia, ho la generosità, o di’ pure la sfrontatezza, di presentarmi nudo, e quasi quasi come sono uscito dalle mani della natura. Che se talvolta io dico fra me: pensi tu che la verità in bocca tua sia men temeraria? io da ciò ne desumo che sarei matto se avendo trovato nella mia solitudine la tranquillità de’ beati, i quali s’imparadisano nella contemplazione del sommo bene, io per non istare a rischio d’innamorarmi (ecco la tua solita antifona) mi commettessi alla discrezione di questa ciurma cerimoniosa e maligna.

Padova, ... dicembre.

Questo scomunicato paese m’addormenta l’anima, nojata della vita: tu puoi garrirmi a tua posta, in Padova non so che farmi: se tu vedessi con che faccia sguajata mi sto qui scioperando e durando fatica a incominciarti questa meschina lettera! — Il padre di Teresa è tornato a’ colli, e mi ha scritto: gli ho risposto, dandogli avviso che fra non molto ci rivedremo; e mi pare mill’anni.

Questa Università (come saranno, pur troppo, tutte le Università della terra!) è per lo più composta di professori orgogliosi e nemici fra loro, e di scolari dissipatissimi. Sai tu perchè fra la turba de’ dotti gli uomini sommi son così rari? Quello istinto ispirato dall’alto che costituisce il Genio, non vive se non se nella indipendenza e nella solitudine, quando i tempi vietandogli d’operare, non gli lasciano che lo scrivere. Nella società si legge molto, non si medita, e si copia: parlando sempre, si svapora quella bile generosa che fa sentire, pensare, e scrivere fortemente: per balbettar molte lingue, si balbetta anche la propria, ridicoli a un tempo agli stranieri e a noi stessi: dipendenti dagl’interessi, dai pregiudizj, e dai vizj degli uomini fra’ quali si vive, e guidati da una catena di doveri e di bisogni, si commette alla moltitudine la nostra gloria, e la nostra felicità; si palpa la ricchezza e la possanza, e si paventa perfino di essere grandi, perchè la fama aizza i persecutori, e l’altezza di animo fa sospettare i governi: e i