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DISCORSO SUL TESTO DEL POEMA DI DANT».

zia va un con emporaneo di Fzzelino. Bincrescenii dunque che oggi r autorità li’ un ilhisire celebri « giavissimo il voto del » Curbinelli; » {Proposta di correzioni al. Vocab. della Crusca, voi. I, part. Il, pig. 144 e seg./ onde non pu- luaiavigha se tal altro di più facile contentatura, e che di lingua non sa- peva tanto né quanto, pigliandosi per guida il Coibinelli che teneva quelle terzine sgnajate per e’egnn/e de’ ten pi di Dante, USCI d’ ogni dubbio, e le ascrisse a Pietro suo figlio, — « per- » che col nome di lui in fronte gli aveva letti in un testo a » penna della Laurenziana •. » Se non che poscia in un testo a penna della Maghabechiana vi trovò nome d’autore sanese , e data più tarda di quasi un secolo; e si ravvide*. Tanto è da credere a’ codici, e al giudicio sicuro di chi gli esamina! Oggi, a contemplazione di bibliottche Romane e bibliotecarj prelati e di codici preziosi dissotterrati dove le si leggono più cor- rette, certe altre tiritere e anticaglie a^ poste già a messer Pietro, e a messer Jacopo Alighieri, e dal Crescimbeni a un figliuolo che Dante non ebbe *, rivivono, posterà laude recentes. A contenipiazione degli uomini dotti che scrivono : - « Noi » trovandole molto interessanti per la storia della Divina Com- » media, non meno che della lingua nostra, le riproduciamo * » — io le lessi. Ma che? poi che le lessi, mi dicono: « Le tro- » viamo cosa di assai poca importanza; e protestiamo di non » averle qui riprodotte se non per soddisfai-e alla data pro- » messa di ristampare tutto ciò che si riscontra nel quarto » volume della Romana edizione*. »

CXLIII. Un sonetto, non d’altra stampa, e del quale nien- tedimeno i dottissimi fanno merito a Dante, lo rapr)resenta non solo maestro di retorica volgare in Ravenna, ma di lingua greca in un’altra città di Romagna, dove fé’ di molti valenti « nello stil greco e francesco. » Quanto ei Conoscesse di greca letteratura; quali poeti antichi ei leggesse; e donde ei si traesse ciò eh’ egli tocca de’ tempi eroici d’Omero , saranno Questioni chiarite, spero, nelle Illustrazioni al Poema*. Né mi aonòdei molti che s’opporranno, quando io mi so com’ ei danno per amor suo la mentita anche a Dante, che nai la come e perchè non sapesse di lingua greca. Chi crede anzi alle sue parole, che a’ suoi sacerdoti, saia sempre tacciato d’ irreligione al suo Genio. Se non che la superstizione accieca gli adoratori; o piuttosto, e questo mi pare più verosimile molti nfiscono de- stinati a vivere superstiziosi per profanare con ridicoli sacri-


i Memorie perla Vita di Dante, pag. S*.

2 Ivi, nula 4.

3 Commentari, voi. Il, png. 472, ediz. Venezhna, 1730.

4 Gli Kiitori P dovani della Commedia, voi. V p.ig. 182, nota i,

5 Volume ciL.to, p:ig. i79, nota (*).

6 Prome levasi il Foscolo di «lare questi sdii ’rimemi con Discorsi apposti al canto IV, e al canto XXVl dell Inferno. {L’Edi. Por.)


DISCORSO