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come la religione fosse sentita e praticata a quei giorni; quanto riuscisse utile o dannosa all’Italia; quanto e perchè Dante volesse rivocarla a’suoi primi istituti, avrei forse indotto taluni a percorrere d’allora in qua colla loro memoria i vantaggi che la loro misera patria derivò dalla Chiesa.

Se non che innanzi tratto importava indagare la lezione del Poema in guisa che potesse essere stabilita, se non per altri, almeno per me, tanto che le illustrazioni rispondessero al loro testo. Quante indagini e cure e carta necessitassero a questo lavoro, ne darà saggio la prima Cantica anche in questa edizione, comechè eseguita, pur troppo, in volume di poca mole.

La disegnata da me doveva stamparsi in quarto grande, e meno per l’Inghilterra che per l’Italia. Pur la fortuna (qui, dove le sue ruote girano sì rapidissime che stordiscono chiunque le guarda) me ne ha subitamente impedito; e l’età prossima a cinquant’anni mi avvisa

Quid brevi fortes jaculamur aevo multa?

Frattanto al librajo che si assunse la impresa, piacque che i tomi dovessero corrispondere alla forma degli altri poeti maggiori d’Italia ch’egli ha in animo di pubblicare. E inoltre desiderò, ed era giusto ch’io gli compiacessi, che non mancassero esposizioni di vocaboli, e nomi, e allusioni, a giovarne que’ lettori a’ quali esso mira, e che senz’altro s’abbatterebbero in nuove difficoltà ad ogni passo. Come siasi a ciò provveduto apparirà nell’ultimo volume.

Sulla Cantica dell’Inferno ho abbondato in osservazioni critiche su le varie lezioni, tanto che bastino a lasciar desumere poscia per quali ragioni e principj di critica io abbia nel testo del Purgatorio e del Paradiso accolte e rifiutate le varie lezioni, che